Lolloflow: “Mi sono messo in gioco come non mai, è come se chiudessi un capito importante per iniziarne uno nuovo ” – video

Lolloflow è molto più di un producer e con "Dejavu" vuole arrivare al cuore della gente con l'autenticità e la spontaneità che lo contraddistingue.

Lorenzo Gennaro, alias, Lolloflow artista e producer multiplatino si è raccontato nella nostra intervista. Il suo nome è legato al sodalizio con Matteo Paolillo e a “O Mar for”, “Sangue nero”, “Origami all’alba”, ma ora Lolloflow condivide con il pubblico un progetto tutto suo. L’ep “Dejavu” in uscita l’8 marzo segna l’inizio di un nuovo capitolo, un percorso dove canta e produce i propri testi. La spontaneità con cui racconta la passione per il suo lavoro è disarmante come anche la sua sincerità riguardo l’industria musicale. Lolloflow sa benissimo chi è, dove vuole arrivare e cosa comunicare tramite la musica. Ecco cosa ci ha rivelato nella nostra video intervista.

Questo è un periodo particolarmente pieno per te, sono anni pieni di soddisfazioni. Hai deciso di avviare un tuo progetto “Dejavu” partiamo da qui, perché questo titolo così evocativo?

Ho scelto Dejavu come titolo perché il Dejavu è la sensazione di aver già vissuto un qualcosa. Ho lasciato delle sfaccettature di me e della mia anima all’interno di ogni canzone. L’ascoltatore deve poter immedesimarsi nelle emozioni e nelle sensazioni ascoltando l’ep e quindi Dejavu deve arrivare come delle sensazioni ed emozioni che hanno provato anche loro. Io cerco di far arrivare le mie esperienze, emozioni nella maniera più spontanea.

Come hai detto parli di emozioni, sensazioni che entrano in contrasto o in armonia con la società. Quanto è difficile raccontare la società che ci circonda senza risultare banali o ripetitivi?

Penso che sia il compito più difficile. Oggi c’è una competizione superelevata e una saturazione del mercato veramente importante e riuscire a tirare fuori qualcosa di diverso o dire qualcosa in modo interessante è molto difficile però secondo me c’è sempre una strada e una modalità per risultare interessante e non ripetitivo.

L’ep racchiude 7 brani, qual è stato il tuo processo creativo?

Io mi sono letteralmente rinchiuso in studio perché prendo l’arte molto sul serio. Avevo poco tempo per poterlo realizzare e quindi mi sono rimboccato le maniche per fare un prodotto che abbia delle canzoni collegate l’una all’altra e sentivo il bisogno di comunicare un messaggio importante. Quindi il mio processo l’ho vissuto in modo pesante, ho un po’ sofferto questa creazione però spero che arrivino dei messaggi importanti.

Qual è stata la traccia più ostica da realizzare?

La traccia più ostica è stata quella drill romance. La drill negli ultimi anni è andata a scadere rispetto alla trap che ha avuto un’evoluzione in questi anni e questa traccia è stata la più ostica perché ho ritirato fuori un sottogenere che ha avuto una vita breve ma l’ho voluto affrontare in una chiave decisamente diversa da come è stato affrontato fino adesso. In una canzone drill cantare trattando delle tematiche romantiche è una cosa particolare specialmente nel modo in cui l’ho fatto e c’è voluto molto studio per farlo.

Sei un producer multiplatino, senti il peso di non dover deludere le aspettative o vivi il peso del pregiudizio?

Si c’è sempre la paura di non essere abbastanza, di non dare al pubblico quello che vuole o non riuscire ad essere interessante. Fa parte del gioco, ma alla fine bisogna essere soddisfatti di sé stessi. Io devo essere soddisfatto di quello che ho fatto, come l’ho fatto perché se sono soddisfatto io, riesco anche a farlo arrivare meglio al pubblico.

Un artista, un buon producer quali caratteristiche dovrebbe avere per potercela fare?

Penso che al giorno d’oggi si tende ad essere un po’ troppo dei personaggi e troppo poco degli artisti. Anche a livello industriale dal punto di vista della creatività siamo in alto mare, quindi quello che consiglio io è di rimanere ed essere il più spontanei, autentici e genuini possibile perché al pubblico deve arrivare che quello che stai dicendo è vero e che il prodotto che hai tirato fuori è un qualcosa che valga la pena di essere ascoltata.

Nel nostro mercato musicale manca qualcosa?

Secondo me si, manca la sperimentazione nel senso più estremo. Si tende a fare musica preimpostata, fatta sempre alla stessa maniera, non si va alla ricerca di un sound più personale e particolare. Alla fine gli artisti che emergono più di tutti sono quegli artisti che hanno personalità, un loro modo di esprimersi e di arrivare alla gente; questo è forse il fattore più importante e qui in Italia credo che manchi un po’.

Quale aspetto di te vorresti che arrivasse a chi ti ascolta?

Sicuramente l’autenticità, l’umanità e la spontaneità. Nei pezzi dell’ep mi sono messo in gioco come mai prima d’ora. Ho voluto raccontare diverse vicende che ho vissuto, la mia vita è cambiata totalmente nell’arco di pochissimi anni e quindi ho riassunto le varie sfaccettature di quello che è stato.

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Questo cambiamento come lo stai affrontando?

Inizialmente mi ha destabilizzato, cambiare modalità di vita destabilizza ma una volta capito come rapportarsi alla realtà di oggi e una volta trovato l’equilibro riesci a viverla in modo semplice e mi sento felice.

Il tuo primo ricordo musicale?

Il mio primo ricordo legato alla musica, sembra banale ma in realtà non lo è, è legato a una tastiera che mi hanno regalato i miei genitori per Halloween. Inizialmente non mi interessava, la suonicchiavo ma niente di che. Poi un giorno decisi di suonarla seriamente e imparai le canzoni; la prima canzone che imparai a suonare da solo fu “Per Elisa” di Beethoven. I miei genitori mi mandarono da un insegnante di pianoforte per studiare musica e sono arrivato fino a qui,

Ci saranno degli appuntamenti dal vivo per ascoltare live “Dejavu”?

Essendo un “topo da studio” mi sono concentrato sul prodotto in studio ma adesso voglio portare questo progetto ovunque possibile. Sto cercando di organizzare diversi live e non vedo l’ora! Fare live mi piace tantissimo.

E per l’allestimento dei live ci saranno delle sorprese?

Non sarà canonico, nel senso che nel progetto ho fatto emergere la mia accademicità, nel senso che ogni canzone prevede l’orchestra. Ogni canzone è stata strutturata con e per l’orchestra e quindi mi piacerebbe l’orchestra anche nei live.

Abbiamo parlato di quello che tu vuoi far arrivare agli altri… In conclusione ti chiedo cosa ha ti regalato questo progetto?

Bella domanda! Questo progetto mi ha regalato tanta tranquillità paradossalmente perché la realizzazione è stata un po’ tribolante però una volta concluso il tutto, mi ha restituito un senso di pace, è come se avessi chiuso un capitolo importante della mia vita per iniziarne un altro altrettanto importante.