Bellacanzone ha intervistato Vincenzo Incenzo, per parlare di "Credo" il primo album dell'artista prodotto da Renato Zero. Un disco con cui Vincenzo si presenta al pubblico come cantautore, dopo aver firmato, negli anni, alcuni dei brani più belli del panorama musicale italiano. Primo appuntamento live mercoledì 30 gennaio 2019 a Roma al Vinile, Via Giuseppe Libetta, 19.
Sei passato dall’altra parte della barricata, ci metti la voce, oltre al testo: come mai questa decisione?
È una decisione ponderata a lungo, ma alla fine una riflessione continua che in questi anni c’è sempre stata. Non ho mai smesso di pensare a tornare al punto di partenza, di cantare le canzoni che scrivevo, com’era accaduto nelle primissime stagioni del Folkstudio. Si tratta, emotivamente, di un ritorno. Un ritorno alle motivazioni iniziali, anche se sicuramente diverso rispetto ai 20 anni. È un momento giusto per mettere a fuoco questo percorso, queste collaborazioni e provare a dire il mio punto di vista personale. Quando scrivi per altri, c’è sempre il filtro dell’interprete. È un’esposizione totale, non solo un fatto legato all’interpretazione, ma anche una scrittura diversa perché è pura, senza filtri o commissioni.
Com’è nato proprio l’album?
È nato sulla scia di un’intuizione di Renato Zero che ha ascoltato un provino e pensato di non appropriarsi di quel brano e di farlo cantare a me. Sull’onda di questa emozione nuova ho scritto una serie di canzoni da zero. Ho scelto così solo le canzoni degli ultimi due anni, frutto di un’ispirazione recente. Sono nate senza vincoli, perciò sono uscite nel momento in cui dovevano uscire. In questo disco ci sono io a 360 gradi.
Hai nominato Renato Zero, ma c’è anche la sua voce nel disco…
Lui è immanente, anche se non ha voluto prendere parte al processo creativo, rispettando il mio percorso di scrittura, mi ha dato tanti consigli, canta “Cinque giorni” nel disco, fa i cori in molti brani e tra questi anche “Dal paese reale”. La sua presenza c’è, sotterranea, ma continua e costante in tutto l’album.
“Dal paese reale” è il secondo singolo estratto: come mai questo brano?
È una decisione di Renato Zero che ci tiene a far emergere la componente meno conosciuta del mio percorso d’autore, quindi più politico, più ritmico dal punto di vista musicale. In attesa poi di far conoscere gli altri brani del disco che sono più nella mia linea melodica, intima, con tematiche legate ai sentimenti e al percorso interiore. Credo sia importante raccontare quello che ci sta accadendo intorno, quindi ho scelto due brani come primi singoli (“Je suis” e “Dal paese reale”, ndr) che sono legati al periodo storico che stiamo vivendo. In queste canzoni si parla di tematiche che siamo costretti a subire. Il problema dei migranti, il problema culturale e sociale. È necessario parlarne.
Nel corso della tua carriera hai lavorato con tanti artisti, facciamo qualche nome e racconti qualcosa su di loro. Partiamo da Michele Zarrillo…
Mi viene subito in mente un amico, una persona con cui ho condiviso 18 anni di lavoro e forse l’anima con cui più ho messo a fuoco un certo tipo di scrittura.
Franco Califano?
Una persona meravigliosa, umilissima, mi chiamava Maestro! Un’esperienza breve, velocissima, ma molto intensa. In un periodo in cui aveva già i sintomi di un malinconico tramonto dentro di lui, era provato dalla vita, dalle sue condizioni fisiche, ma è stato un periodo meraviglioso. Pensavo fosse più sbruffone, invece ho trovato un’anima gentile, nobile.
Ornella Vanoni?
Una pazza, sembra una ragazzina, sempre pronta alla battuta, mai malinconica, sempre positiva. Quando apre bocca e canta è uno spettacolo ascoltarla.
Valentina Giovagnini?
Valentina è sempre nel mio cuore, un angelo che è passato troppo velocemente su questa terra. Abbiamo avviato con lei un percorso particolare, ci siamo permessi delle licenze nella scrittura che non ho avuto modo di fare con altri. Era un grande laboratorio di creatività lavorare con lei, poi c’era un rapporto umano molto forte. È una persona che mi manca molto.
Un consiglio che vuoi dare ai giovani autori?
Sempre con molto umiltà, dico di coltivare la propria originalità, la propria differenza. Di non fidarsi dell’onda che passa perché poi passa. Il percorso è più lungo quando si cerca di difendere le proprie idee, ma quando si arriva su è più difficile scendere. Consiglio a tutti di tenere duro sulla propria originalità e differenza.
Prossimi concerti?
Siamo pronti, domani (mercoledì 30 gennaio 2019, ndr) siamo al Vinile, più avanti andiamo a Bucarest. Il 28 e 29 settembre una rassegna all’Auditorium, organizzata da un giornalista de Il Fatto Quotidiano, con tanti artisti romani come Proietti e Giorgia. Questa è la dimensione che più mi affascina. Ho la fortuna di avere una band straordinaria, dei ragazzi giovani ma con un percorso bello forte. Sono tutti ragazzi e professionisti che mi hanno chiesto di suonare, mi hanno corteggiato per arrivare a questi live. Ho abbracciato la loro professionalità e il loro entusiasmo. È davvero importante. Si è creato un gruppo meraviglioso e credo faremo delle belle cose insieme.
Allora cosa dobbiamo aspettarci da questi live?
Tante belle novità perché non facciamo solo le canzoni dell’album, ma anche brani del passato, quindi facciamo la PFM, dei brani di Zarrillo, di Renato Zero, di Valentina Giovagnigni, di Sergio Endrigo. La scaletta è molto lunga e molto articolata, non so se riusciremo sempre a farla tutta perché il concerto è lungo. Non ci si annoia perché i musicisti sono davvero fantastici.
PH. Roberto Rocco