Nicola Piovani, “La musica è pericolosa”

Da una citazione di Federico Fellini nasce un racconto musicale che emoziona il pubblico Romano dell’Auditorium nelle prime tre date di gennaio.

Nicola Piovani, classe 1946, nato e sempre vissuto a Roma, rappresenta forse la vera definizione della parola musicista: pianista, direttore d’orchestra, compositore di musica per cinema e teatro.

Ha avuto la fortuna, o forse sarebbe meglio dire la bravura, di lavorare con i più grandi artisti italiani (ma anche molti stranieri). Tra i tanti nomi nella sua biografia, appaiono registi come Fellini, Monicelli, Tornatore, Moretti e Benigni, quest’ultimo forse il più associato a lui dal grande pubblico per via della colonna sonora de “La Vita è Bella” con cui Piovani ha vinto l’Oscar.

Ma di premi ne ha vinti anche molti altri: tre David di Donatello, quattro premi Colonna Sonora, tre Nastri d’argento, due Ciak d’oro, il Globo d’Oro della stampa estera. In Francia ha ottenuto per due volte la nomination al César, il premio del pubblico e la menzione speciale della giuria al festival Musique et Cinéma di Auxerre.

Con una carriera di questa portata, con tutti i nomi importanti che ha conosciuto, non stupisce che Piovani abbia con sé una serie significativa di aneddoti da raccontare. 

Recensione

Durante il suo concerto, li porta alla luce nel modo migliore, attraverso la sua musica, per far rivivere al pubblico la stessa emozione che emerge dai suoi ricordi.

Come quando racconta di aver telefonato a Mastroianni per chiedergli di cantare nuovamente “Caminito”, icona musicale della cultura Argentina, contenuta nella colonna sonora del film “De eso no se habla”. La traccia era rovinata, Nicola voleva inserirla nel suo disco e l’unico modo per recuperarla era registrarla nuovamente. Mastroianni accettò di buon cuore e in una sala di registrazione a Roma si incontrarono per comporla di nuovo. Nicola Piovani racconta della sua emozione mentre al pianoforte sentiva la voce dal vivo di Mastroianni che cantava lì per lui in quel momento e la premura che aveva nell’accompagnarlo cercando di osservare attentamente il suo labiale. 

Quando partono le note al pianoforte di quel tango e risuona nella sala la voce di Marcello non è difficile rivivere quella stessa emozione.

Tra le storie raccontate da Piovani durante lo spettacolo, c’è anche quella dell’album “Storia di un impiegato” composto con Fabrizio De André. Considerato dalla censura un disco sovversivo, è curioso venire a sapere che il motivetto di tre note che introduce “il bombarolo”, filo conduttore dell’interno album, si ispira ad un ricordo di Piovani del suono delle tre campane di una Chiesa vicino alla casa dove abitava da bambino. 

Durante lo spettacolo non emergono solamente racconti di vita reale, ma anche episodi mitologici, ben spiegati e da cui traspira la sua passione per i miti. 

Storie belle, come quella di Partenope o delle colonne d’Ercole di Ulisse, raccontate attraverso personaggi classici che rivivono poi nelle note della musica di Piovani. 

Sul palco, oltre al suo pianoforte, ci sono Marco Loddo al contrabbasso, Marina Cesari al Sax  e Clarinetto, Ivan Gambini alla batteria e percussioni, Pasquale Filastò alla chitarra e violoncello e Rossano Baldini alle tastiere.

Molte delle composizioni di Piovani sono rimaste nel cuore delle persone, una su tutte forse è “Quanto ti ho amato”, nata insieme alle parole di Roberto Benigni e Vincenzo Cerami. Composta per la chiusura di uno show comico di Roberto, nella sua semplicità e dolcezza è rimasta impressa nella memoria delle persone.

Il verso finale, racconta Piovani, è di sua invenzione e voleva essere uno sfottò ai due amici “parolieri”: “Nell’amore le parole non contano, conta la musica”.

La musica conta davvero, il maestro Piovani lo dimostra con il suo spettacolo e con una critica piuttosto esplicita a fine esibizione, rivolta soprattutto a quel tipo di musica di cui usufruiamo passivamente ogni giorno, al supermercato, negli autogrill, in palestra e che lascia poco spazio all’emozione. Non è paragonabile a uno spettacolo vissuto di persona, alla musica cosiddetta dal vivo che esiste da millenni e continuerà ad esistere anche quando gli attuali sistemi di riproduzione digitali si saranno trasformati in qualcosa di diverso. 

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La musica è pericolosa, diceva Fellini, perché porta a emozionarti, a volte ti commuove, anche solo con pochi suoni.

Perché, conclude Piovani, “se è vero che tutto quello che non è in televisione non esiste, allora sono felice di non essere esistito questa sera insieme a voi”.