Lo zecchino d'oro, X Factor e ora il sogno del Concertone: ecco l'intervista a Mille
Ci siamo! Il concertone del Primo Maggio si avvicina. Prima, però, dovrà essere definito il cast di artisti che canteranno sul palco. Anche quest’anno, grazie al Contest 1MNEXT, ci sarà spazio per gli artisti emergenti. Tra i 10 finalisti c’è anche Mille, cantautrice e musicista della provincia di Roma. “Una donna d’altri tempi”, come si è definita lei stessa,
Cominciamo dall’inizio: com’è nata la passione per la musica?
Ho iniziato da piccola con lo zecchino d’oro falsficando la firma di papà (ride, ndr), ho partecipato autonomamente con una canzone di Memo Remigi. L’impegno era grande, professionale. Poi ho fatto una pausa con l’italiano e ho cantanto in inglese fondando i Moseek, abbiamo fatto X Factor nel 2015, arrivando in semifinale. Questo ci ha dato l’opportunità di suonare moltissimo anche in giro. Quando è finito il tour, nel 2018, il tempo in studio per sperimentare mi ha permesso di mettermi a nudo davanti al pianoforte e da lì ho iniziato a scrivere in italiano. Potevo concedermi tutto il tempo possibile per fare e disfare. Da questo momento è nato un percorso parallelo rispetto ai Moseek, un percorso solista che continuo a vivere. I Moosek esistono ancora: siamo io e Davide, il batterista. C’è voluto un po’ per accettare questo cambiamento. Inglese e italiano per me sono come dei figli, non c’è meglio o peggio. Sono due lati di me che esistono e convivono. Io mi diverto in entrambe le forme d’espressione. All’inizio in italiano era una sorte di innamoramento, era tutto talmente nuovo e affascinante che ho avuto la forza di intraprendere un percorso vero e proprio. Sicuramente ora mi sento molto centrata in italiano, mi viene molto più spontaneo e scrivo più di getto e per me questo è paradossale perché ho sempre pensato solamente all’inglese.
Si definisce “Donna d’altri tempi”, in che senso?
Sono senz’altro analogica, vivo nell’oggi perché ho un telefono, cose tecnologiche di cui mi avvalgo. Però sono un’eterna nostalgica e malinconica. “Altri tempi” non si riferiscono a date precise. Ci sono tante cose della mia infanzia negative, però io sono affezionata a quelle positive, che non sono tantissime ma chi mi permettono di vivere bene senza essere accompagnata sempre da traumi. Ho uno stile vintage, non è qualcosa che adotto, io mi sono sempre vestita così. Ricordo mia madre che si vestiva così. Mi voglio ricordare di mia madre quando era vestita così: i capelli rossi, i vestiti colorati , questo quindi mi permette di farmi del bene. Avendo a cuore il mio benessere psicofisico, mi sento di dire che sono di altri tempi perché vivo nell’oggi ma ho sempre uno sguardo nel passato.
E con i social, invece, che rapporto ha?
Con i social ho un rapporto epistolare. Io ho sempre mantenuto corrispondenze con delle persone, ci siamo sempre scritti lettere. Questo significa che, quando vai a scrivere una lettera, raccogli tutte le idee come un diario che condividi. I social li vivo così, più che altro Instagram. Cerco di fare quello che mi piace, di non seguire troppo i trend ma di viverlo in una maniera spontanea e come piace a me. Ho imparato a farmi le fotografie e ad utilizzare il telefono come mi piace. Ho trovato un modo che mi piace di utlizzare i social, faccio quello che posso.
Veniamo al presente: cosa significherebbe per lei il palco del Primo Maggio?
Sogno quel palco, ci sono affezionata. Io generalmente ho sempre lavorato, ho fatto milioni di lavori in passato e vissuto questa giornata per il significato che ha. Questo sarebbe veramente un sogno che si realizza. Sono felice di essere tra i 10: non me l’aspettavo perché gli iscritti erano tantissimi. Sono contenta.
Ci sono delle collaborazioni che le piacerebbe fare?
Mi piacerebbe collaborare con Moroder. Lui è un simbolo degli anni 80, rappresenta la nostalgia di cui ti parlavo. Colapesce e Di Martino sono due artisti che adorerei.
Progetti per il futuro?
3 o 4 anni fa avrei risposto diversamente: prima vivevo solo per il futuro. Avevo mappe, agende. Oggi, specialmente dopo i due anni di pandemia, ti rispondo in maniera diametralmente opposta: il futuro è qualcosa che vedo dal balcone mentre sto lavorando all’oggi. Non voglio farmi trapanare il cervello dall’ossessione di pianificare il domani. Il domani non esiste. Sul domani ci ho scritto un disco, che è quello che sarà. Proprio perché è sempre stato un nemico, perché mi ha spesso portato lo sguardo da un’altra parte. Penso a seminare però semino oggi e cerco di prendere quello che potrebbe essere il domani con filosofia. La pandemia mi ha insegnato a tenere botta e a cancellare tutti i programmi che mi ero fatta: il 9 marzo 2020 doveva partire la mia promozione e invece abbiamo dovuto buttare tutti i programmi.