Dalla prima delusione d'amore a più di 260k ascoltatori mensili su Spotify. Galeffi si è raccontato e ci ha presentato il suo nuovo album "Settebello".
Abbiamo intervistato Galeffi, nuova stella promettente dell’indie italiano, il quale ci ha presentato il suo nuovo album “Settebello”.
Ripercorriamo insieme il tuo percorso musicale, da quando eri bambino fino ad oggi, cosa è cambiato nel tempo?
La passione per la musica l’ho ereditata da entrambi i miei genitori ma l’occasione di approfondirla l’ho avuta nei primi anni del liceo. Mi piaceva una ragazza, che non ricambiava e da lì ho iniziato a scrivere con un mio amico rapper su alcune basi prese da YouTube. In seguito ho capito che mi piaceva proprio scrivere i testi e poi cantare e allora mi sono messo a studiare pianoforte, chitarra e canto. Per diversi anni ho bazzicato per i locali di Roma da solista o in band però non immaginavo che le cose potessero cambiare in questo modo. Dalla pubblicazione del mio primo album “Scudetto” è partito tutto.
Ed ora uscirai con il nuovo album “Settebello“, che hai definito “coraggioso”, in quale accezione?
Coraggioso perché visto l’andazzo generale sinceramente mi sfugge al momento un album al cui interno vengano proposti generi diversi tra loro. Mi sono posto un obiettivo gigante: fare un album che rimanga negli anni. Tutte le canzoni che ho scritto le ho scritte pensando di poterle cantare in tutti i concerti finché la mia carriera esisterà, voglio che questo sia il mio “The best of”, non so se ci sono ancora riuscito… vedremo.
Come hai vissuto e come vivi l’emozione di salire su palchi importanti, come quello del Primo Maggio?
Ritrovarmi sullo stesso palco dei grandi nomi della musica italiana, come Carmen Consoli, fa un certo effetto. Prima di salire sono in ansia, ma con il tempo ho acquisito consapevolezza. Ricordo il mio primo vero concerto al Monk di Roma e soprattutto le notti che lo precedevano, non riuscivo a dormire, temevo di non avere la voce e tutte queste cose qua.
Ci sono cantanti che ti hanno ispirato o con cui ti piacerebbe collaborare?
A casa sentivo tanti vinili perchè la musica del vinile ti abbraccia, non c’è la frenesia di “skippare”. Ho sempre ascoltato i cantautori italiani ma anche la musica classica, jazz, i Beatles, i Nirvana e Cremonini. Ecco mi piacerebbe una collaborazione con lui o con Paolo Nutini. Per me la collaborazione deve essere naturale.
La tua musica potrebbe essere ascritta al genere dell’Indie, che sta prendendo sempre più piede in Italia. Ormai sembra che tutti possano cantare Indie, c’è questa percezione.
E’ una percezione sbagliata. Io credo che l’Indie non esista ormai da anni, è diventato una ripetizione di una moda che non è più moda. Quando vedi che Tommaso Paradiso è al primo posto delle classifiche generali è ovvio che l’indie abbia oltrepassato i propri confini. Oggi vale tutto, è una grande miscela. Io mi auguro che mi conosceranno anche quelli che abitualmente non ascoltando Indie.
Nel brano “Monolocale” scrivi: se fossi in te non mi amerei mai e poi mai, una frase forte.
Certe volte mi sento una merda, non mi piaccio, sono molto esigente sia verso gli altri che verso me stesso. Sbaglio troppe cose, mi sento che faccio schifo, credo sia anche umano.
Infine, domanda di rito in questo periodo: finita la quarantena cosa farai?
Voglio andare a mangiare al mare.