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Michele Anelli: “Con ‘Divertente importante’ prendo per mano gli ascoltatori”

Michele Anelli: "Con 'Divertente importante' prendo per mano gli ascoltatori"

Divertente importante” è il nuovo album di Michele Anelli, prodotto da Paolo Iafelice per Adesiva Discografica, contiene 11 brani scritti interamente dallo stesso artista. Testi che racchiudono momenti quotidiani vissuti dall’autore e altri condivisi con persone che ha incontrato durante la sua vita, storie e personaggi si mescolano con semplicità per non dimenticare appunto che alle cose importanti bisogna affiancare e ricercare le cose divertenti.

L’intervista

Terzo album da solista: quali differenze ci sono rispetto agli altri due lavori sia dal punto di vista musica sia da quello dei testi?
Il primo album, pubblicato con il supporto della band pavese Chemako, aveva dei richiami musicali al mio passato ventennale con i Groovers. Con “Giorni usati” ho esplorato una serie di musicalità che avevo in testa, mentre per l’ultimo lavoro ho cercato di avere un suono più omogeno e di lavorare con una strumentazione ridotta, senza che i brani ne potessero risentire. Chitarra acustica, chitarra elettrica, piano Wurlitzer e batteria sono l’ossatura di tutto il disco. Ho lavorato molto anche sui testi cercando di essere meno ermetico e più immediato, senza svilire i temi trattati o scadere in rime banali.

Qual è il filo conduttore del disco?
Le canzoni seguono l’andamento di una giornata con la sveglia al mattino fino alla buonanotte finale. Ogni testo è accompagnato da una premessa nella quale indico un orario della giornata e brevemente contestualizzo l’argomento trattato nella canzone. Ho voluto prendere per mano l’ascoltatore e portarlo all’interno di un mondo fatto di suggestioni e di umana avventura.

Dai The Groovers ad oggi quanto sei cambiato?
L’esperienza si è conclusa dopo vent’anni, sette dischi, parecchie pubblicazioni e alcuni importanti riconoscimenti. A un certo punto ho sentito la necessità di svoltare, di dirigermi altrove. Senza allontanarmi dai miei gusti musicali ma ricercando una nuova alchimia sonora passando dall’inglese all’italiano. Nel 2009 ho capito che era giunto il momento di questo cambiamento. Ripartendo senza una band fissa ad accompagnarmi ho preso coscienza di una certa libertà espressiva che, in questo lungo percorso, ha trovato proprio in questo nuovo disco la giusta dimensione sonora. Sicuramente ho una visualizzazione più matura dell’intero circo musicale ma, nonostante tutti questi anni, resto una persona coerente con le idee e le motivazioni che mi hanno spinto a iniziare.

C’è qualcosa che ti manca dell’essere leader di una band?
Sinceramente non sento la mancanza di essere leader di una band. Non ho mai avuto manie di protagonismo. Essere leader era una necessità per tenere in piedi una band che, lungo tutta l’esistenza, ha avuto parecchi cambi di organico. Era un riconoscimento per la mia abnegazione a lavorare sempre e con costanza e poi essendo l’autore dei testi e delle musiche era inevitabile che venissi percepito così. Con un gruppo, quando componi devi tener conto della musicalità che puoi offrire basandoti sui musicisti che, in quel momento, condividono con te il percorso. Da solista il percorso lo costruisci prima e puoi indirizzarlo verso la sonorità che senti più vicino a te durante la stesura dei brani. Sono più libero di scegliere quale territorio musicale esplorare, senza vincoli. Ripartendo senza una band fissa ad accompagnarmi ho preso coscienza di una certa libertà espressiva che, in questo lungo percorso, ha trovato proprio in questo nuovo disco la giusta dimensione sonora. Di contro, a volte, la difficoltà a incastrare gli impegni degli altri musicisti. Ad oggi, il lavoro come solista penso abbia i suoi vantaggi.

Dai tuoi esordi ad oggi secondo te quanto è cambiata la discografia italiana?
Mi impressiona la quantità delle proposte musicali, diversamente dagli anni ’80 è più semplice produrre un disco e, conseguentemente, più difficile farlo ascoltare. Trovo esagerata la spettacolarizzazione e l’importanza data ai talent televisivi e di conseguenza la voglia di sperimentazione nelle proposte musicali.

Cosa consigli ai ragazzi che sognano di diventare cantanti?
Di rifiutare i cliché imposti dalla moda effimera, di essere coerenti con le proprie passioni e di non esagerare con la tecnica se questa toglie emozione ed espressività alla propria persona.

Qual è la tua Bellacanzone?
Non ho solo una canzone preferita, molte hanno segnato la mia vita. Sono un fan e come tale ascolto e compro moltissima musica. Ci sono brani che, a seconda dell’età, hanno avuto un significato particolare che permane nel tempo. Difficile scegliere. Il finale di Thunder road di Bruce Springsteen potrebbe contenere le motivazioni che stanno alla base della mia ricerca musicale e non solo: It’s a town full of losers, I’m pulling out of here to win.

PH. Paolo Sacchi