Ogni mese, ogni settimana, ogni giorno escono nuove canzoni. Ma quante di queste sono realmente belle? Riusciremo a trovarne almeno una a settimana degna di potersi fregiare meritatamente di un appellativo come “bella”, se non in modo oggettivo, almeno in modo circostanziato? A prescindere d mode e fanatismi, gusti e preconcetti? Speriamo e ascoltiamo.
Giuseppe Anastasi, noto come autore storico di molte delle canzoni che hanno costruito il successo di Arisa (da Sincerità a La notte e Controvento, tanto per citarne alcune), dopo aver vinto la Targa Tenco come Miglior Opera Prima (2018) con il suo album d’esordio come cantautore (Canzoni ravvicinate del vecchio tipo), torna sul mercato discografico col primo singolo – che anticipa l’uscita del suo atteso secondo album – Berlino.
Un brano che parla d’amore con lo stile che ormai in molti conoscono e apprezzano, ma anche di speranza. Speranza che sopravvive anche quando un muro ci separa dalle persone care. E può essere un muro fisico come quello di Berlino, ma anche e soprattutto metaforico, un muro fatto di circostanze avverse, di tempo da aspettare
E questa metafora è più che mai attuale in un periodo storico che ci separa forzatamente dalle persone care con un muro, quello delle nostre case. Cosa però utile a capire quanto siamo noi stessi a volte ad alzare muri di paure e pregiudizi, distrazione e superficialità, che ci separano da quello che è il senso dell’esistenza, quello della comunicazione, della condivisione, dell’abbraccio. E questa canzone è come un piccolo abbraccio, fatto di parole e musica, che Anastasi ci dà in un momento in cui speranza e contatto umano sono in cima alla lista dei desideri di tutti.
Una semplice e disarmante canzone d’amore, che l’autore ci dona in questa tenera storia di separazione inaspettata, che rassicura i protagonisti con la dichiarazione che uno dei due fa all’altro esprimendo con sincerità (ma guarda un po’) e dolcezza un sentimento forte, più forte di qualsiasi avversità, di qualsiasi muro. Con un tempismo quasi profetico dunque, questa canzone arriva con il martello gentile della musica d’autore per abbattere la tristezza, l’apatia e la malinconia di questi giorni.
Entrando nel dettaglio, a parte il senso, fa subito presa la struttura anaforica della strofa, che inizia i suoi versi con un ripetuto “c’era”: C’era una brezza divenuta vento, c’era una storia in questo Novecento, c’era una sciarpa tutta rossa e i tuoi occhi blu. C’era che io non ero proprio pronto a questo amore, a questo cambiamento. C’era che l’anima più bella eri tu. Struttura che riprende nella strofa dopo il ritornello, che però, si volge al futuro: Aspettami al di là del muro Io sono ancora qua A contemplare il futuro. Così facendo, le tre sfere temporali coesistono nel breve tempo di una canzone: voce narrante al presente, strofa al passato, ritornello al futuro.
Il talento di Anastasi anche come cantautore viene confermato da questa bella canzone.
PH. Giulio Mazzei