Ogni mese, ogni settimana, ogni giorno escono nuove canzoni. Ma quante di queste sono realmente belle? Riusciremo a trovarne almeno una a settimana degna di potersi fregiare.
Mentre siamo sicuri che nuove canzoni, speriamo belle, fremono per uscire e inondare questo autunno di note, insistiamo nel rovistare nel repertorio selezionato dalle radio per “I love my radio”, l’iniziativa che come abbiamo avuto già modo di dire ha previsto la realizzazione da parte di grandi artisti di cover di 45 grandi successi degli ultimi 45 anni. E rovistando rovistando, ci siamo imbattuti in un altro capolavoro del cantautorato italiano: Caruso di Lucio Dalla.
Una canzone del 1986, incisa sul disco live dell’artista bolognese dal titolo DallAmeriCaruso, titolo che con una doppia crasi compatta in una sola parola oltre al cognome del cantautore e del continente americano, anche il nome del celebre tenore italiano: Caruso. Questa volta, a reinterpretare questa bellissima canzone è un coraggiosissimo Jovanotti, che ne fa anche diverse versioni. Anche in questo caso, preferiamo fare riferimento all’incisione originale, quella più pregna di senso e verità, sensibilità e fascino. Una versione che rimane probabilmente la migliore, nonostante il brano sia stato interpretato da cantanti della levatura vocale e artistica come Andrea Bocelli, Celine Dion e Julio Iglesias.
Dalla ha raccontato che a causa di un imprevisto alla sua barca, si trovò costretto ad alloggiare nello stesso albergo e nella stessa camera che aveva visto Caruso vivere la sua ultima notte e il suo ultimo amore. E, probabilmente, il suo ultimo canto, per un’allieva. Allo stesso piano suonato dal celebre tenore è nato quel “te vojo bene assaje” che apre un ritornello di fama ormai internazionale, e che sicuramente si rifà in qualche modo ad una tradizione musicale tutta napoletana, in primis a Dicitencello vuje (del 1930).
Un inconfondibile riff di piano iniziale inizia una narrazione immaginifica e realistica di una notte che Caruso avrebbe condiviso con un suo giovane amore, fra nostalgie americane (con notevoli rime come notti là in America / bianche scia di un’elica) e sofferenze fisiche e d’amore (è una catena ormai…). Interessanti per un brano comunque pop anche inconsuete rime come vento/Surriento, terrazza/ragazza o lirica/mimica.
La capacità narrativa di Dalla e la sua abile scrittura riescono a portarci piano piano in quella stanza, come insetti invisibili col privilegio di poter spiare momenti unici, come quelli delle ultime sere della vita di un grande della scena di sempre Enrico Caruso. Grazie a Lucio Dalla, per questa e per le tantissime belle canzoni che ha regalato a noi e alla nostra cultura italiana in tanti decenni di musica e curiosità per la vita e per l’arte in genere.