Ogni mese, ogni settimana, ogni giorno escono nuove canzoni. Ma quante di queste sono realmente belle? Riusciremo a trovarne almeno una a settimana degna di potersi fregiare.
Claudio Baglioni, col suo ultimo lavoro – uscito il quattro di dicembre dopo sette anni dall’ultimo album di inediti – ci porge molte occasioni per parlare di belle canzoni, canzoni classiche, “fatte a mano” come una volta, come lui stesso dichiara presentando il disco In questa storia che è la mia.
Canzoni scritte con grande arte da parte del maturo cantautore, lavorate e realizzate con grande cura. E si sente. Ad esempio nel brano “Come ti dirò”, canzone cui calza perfettamente quanto già espresso per io non sono lì, e cioè, ci auto citiamo: la dimostrazione che si può rimanere fedeli a sé stessi, magari sembrare di ripetersi, ma mantenere una qualità alta di scrittura e composizione. Aggiungiamo che la scrittura di Baglioni potrebbe definirsi letteratura, senza aver paura di esagerare.
“Come ti dirò” è un brano in cui il re della canzone d’amore esprime (ad una ipotetica partner) la difficoltà di dichiarare il proprio amore (Come ti dirò quanto sia sublime quello che io sento e che ho per te, e dentro me si imprime) senza scadere nel già detto o in quello che lui chiama “romanticume”, che gli appartiene (Cosa ti dirò che non sia un pattume, mille e mille volte detto già nel mio romanticume?). Baglioni cesella e incastona una quantità di rime di qualità in modo insuperabile, a nostro avviso, con una capacità maturata e ampliata negli anni, con una versatilità metrica e sonora che non ha nulla da invidiare ai moderni rapper, che hanno solo da imparare da grandi artisti come questo. Questo è ad esempio tangibile e ascoltabile in sequenze di rime (a volte ricercate, difficili da usare in una canzone in modo credibile) come sublime / imprime / cime / rime o anche pattume / romanticume / lume / volume / barlume / fiume. E l’insistenza musicale sulla finale delle parole (in –me) continua in modo sempre originale e piacevole, come si può evincere dal ritornello: Come ti dirò? Non lo so come, se mi sbaglierò dopo il tuo nome. Che ti metterò di soprannome, come? Come? Come ti dirò quanto mi preme, se rifuggirò da frasi sceme, che mi inventerò per stare insieme, insieme come? Sul finale della canzone, inoltre, ci regala un’ennesima piacevole sorpresa in pochi versi che sanno riassumere tutto l’amore e tutta la difficoltà ad esprimerlo: Come ti dirò che ti amo, ti amavo e ti amerò?
Non è facile, in questi tempi sempre più veloci e con brani che inseguono il mainstream con durate intorno ai 3 minuti, scrivere canzoni tipo “Come ti dirò”, che durano quasi il doppio e senza stancare. Diamo a Claudio Baglioni questo merito, oltre a quello di averci regalato un’ennesima bella canzone.