Ogni mese, ogni settimana, ogni giorno escono nuove canzoni. Ma quante di queste sono realmente belle? Riusciremo a trovarne almeno una a settimana degna di potersi fregiare meritatamente di un appellativo come “bella”, se non in modo oggettivo, almeno in modo circostanziato? A prescindere d mode e fanatismi, gusti e preconcetti? Speriamo e ascoltiamo.
Diodato ha riportato alla nostra attenzione la canzone “Fai rumore”, con cui ha vinto l’ultimo Festival di Sanremo, portandola all’Eurovision Song Contest (ribattezzato Europe Shine a Light), o meglio a quello che è stato possibile fare in un momento di pandemia come quello che stiamo vivendo, momento che soprattutto la musica e lo spettacolo in genere stanno soffrendo. Niente gara, solo un’Europa unita. Almeno nella musica, seriamente.
Diodato ha riportato a splendere questa canzone, esibendosi in un’Arena di Verona vuota, volutamente – ma forzatamente – senza pubblico. Illuminata di un blu, o meglio azzurro, molto italiano e al contempo voglia di cielo e speranza, l’Arena ha dato una grande suggestione e una rinnovata forza emotiva alle parole del cantautore, sempre perfettamente interpretate; in particolar modo quel silenzio che fa rumore, matrice concettuale da cui sgorga il resto del testo del brano.
Brano che ha le caratteristiche adatte per durare nel tempo: classicità e modernità delle parole, melodia italiana e divismo vocale che strizza l’occhio ad un gusto più internazionale, chiarezza della struttura della canzone, costituita in modo standard (ripetizione dei moduli strofa-ritornello strofa-ritornello), ma sempre ecumenicamente comprensibile e quindi più facilmente apprezzabile e memorizzabile.
Fai rumore è la canzone di punta dell’album “Che vita meravigliosa”, che come abbiamo già avuto modo di dire in questa rubrica, è un album solido, scritto con coerenza ed onestà, e aggiungiamo con consapevolezza e maturità artistica. Può piacere o non piacere, ma Diodato è bravo e scrive indubbiamente bene, sa come si scrive una canzone, che spesso gli riesce anche bella come questa. “Fai rumore” è lineare, chiara, quasi da rasentare il banale e il già sentito, ma questa cosa, mantenuta in sapiente equilibrio, la rende un suo punto di forza.
L’incipit è semplice e diretto, e contiene un buon gioco di apparenti contraddizioni: Sai che cosa penso? Che non dovrei pensare (penso ma non dovrei pensare). Lo stesso vale per la frase che lancia il ritornello: Ho capito che per quanto io fugga torno sempre a te (fuggire/tornare).
Il ritornello lavora in modo perfetto rime incrociate (ABBA: qui/bene/conviene/sì) e assonanze molto sonore (sopportare/innaturale). Il silenzio che nel ritornello fa rumore, diventa compagno di vagabondare del protagonista nella ripresa della strofa (E me ne vado in giro senza parlare, senza un posto a cui arrivare); ma Diodato arriva ad un posto, anzi al luogo comune di chi si è lascato: cercare di non frequentare gli stessi posti che si frequentavano insieme da fidanzati, come diceva anche Battisti nella sua “Prendila così” (Cerca di evitare tutti i posti che frequento/e che conosci anche tu:/nasce l’esigenza di sfuggirsi /per non ferirsi di più).
Caso o ispirazione, rifarsi al bello e ai grandi è comunque un segno di cultura e sensibilità, una possibilità di raggiungere livelli artistici di qualità. E qui ci siamo, c’è una bella canzone.