Ogni mese, ogni settimana, ogni giorno escono nuove canzoni. Ma quante di queste sono realmente belle? Riusciremo a trovarne almeno una a settimana degna di potersi fregiare.
Da questa settimana, cercheremo ogni tanto di parlare di belle canzoni che fanno più fatica ad essere ascoltate e conosciute, perché scritte e interpretate da cantautori che per i motivi più disparati hanno avuto poca visibilità, poca fortuna, pochi agganci importanti, e così via. Artisti che magari hanno al loro attivo più album ed un seguito personale, ma che sono sostanzialmente sconosciuti ai più.
Per questo, questa settimana vogliamo parlare di “Fatti due conti”, nuovo singolo di Michele Amadori, cantautore calabrese che sin dagli esordi ha seguito la sua passione e la sua sincera direzione artistica, senza deragliare mai dai suoi intenti e dalla sua poetica per ben sei album (tanti ne ha all’attivo). Una fedeltà intellettuale che probabilmente gli avrà reso il cammino più difficile, ma non per questo privo di soddisfazioni (ad esempio, ha ottenuto vari riconoscimenti e scritto anche per il cinema).
“Fatti due conti”, brano scritto a quattro mani con l’autore Alessandro Hellmann, è un bilancio personale (ma che provoca anche l’ascoltatore a farlo), che con amara ironia fotografa una realtà spesso spiazzante e spaesante, dove il tempo scorre velocissimo modificando il mondo e le persone, che però non riescono a restare al passo e non cambiano mentre tutto cambia: solo una certa consapevolezza potrebbe portare ad un cambiamento.
Amadori fa tutta una serie di giuste considerazioni, scritte bene con una coerenza ed onestà anche musicali – che di questi tempi non sono così automatiche – da cantautore che ha maturato professionalità e pensieri in 25 anni di attività. La scrittura di “Fatti due conti” è interessante, come l’incipit (S’è fatto tardi, tutti i cantanti che amavi sono morti) e rime come vecchiaia/ghiaia, decisamente inusuali e per questo gradite e godibili. Così come lo sono le considerazioni sulla musica e la cultura in genere (… la libreria vende agendine e calendari, tazzine borse, magliette per turisti… ha chiuso l’ultimo negozio di dischi…).
Un’amarezza condivisibile quella di Amadori, che solo nella gradevolezza musicale del brano riesce ad addolcire, creando un buon equilibrio, una buona misura delle affermazioni e delle melodie, insomma, una buona canzone. Una canzone solida, che non ci farà gridare al miracolo o potremo indicare come capolavoro, ma che almeno ci dà la speranza (e l’informazione) sul fatto che si scrivano ancora belle canzoni, anche (o soprattutto?) in ambiti meno in vista o meno di moda o meno mainstream.
Bisognerebbe ricominciare a spulciare tutti quanti fra nomi diversi dai soliti, per trovare quanto di ancora pulito e sano e intellettualmente ed emotivamente nutriente che c’è nel grande mare inquinato della musica pop attuale.
Foto di Ernesto Sestito