Ogni mese, ogni settimana, ogni giorno escono nuove canzoni. Ma quante di queste sono realmente belle? Riusciremo a trovarne almeno una a settimana degna di potersi fregiare.
Dopo l’originale ballata d’amore presentata a Sanremo, che ha dato il titolo anche all’album – Viceversa – Francesco Gabbani torna a farci divertire estraendone un nuovo singolo dal sapore decisamente e volutamente estivo, dallo stile simpatico e multicolore che ha contraddistinto il cantautore toscano, perlomeno da Amen ed Occidentali’s Karma in poi.
Il titolo? Ah, Il sudore ci appiccica. E appiccicato alle nostre orecchie e alla nostra pelle come uno dei tormentoni di questa strana estate 2020, questo brano di Gabbani ci rimarrà sicuramente. Con un (cosiddetto) uptempo accattivante e un ritornello musicalmente strutturato con la ripetizione delle sole parole del titolo (come già, ad esempio, nei due brani con cui Gabbani ha vinto il Festival della canzone italiana) più una frase solo strumentale (in gergo: drop), il cantautore fa divertire chi ascolta più superficialmente e pensare chi sa che ascoltando i testi delle sue canzoni c’è sempre qualcosa d’interessante da scoprire, sane filosofie e considerazioni sul quotidiano, apparentemente superficiali profondità, grazie ad una scrittura ricca di riferimenti goliardico-pop e giochi di parole.
Giochi di parole (come quello fra ci appiccica, accipicchia e picchia) che in questa nuova Il sudore ci appiccica diventano anche doppi sensi, anche erotici, adatti alla giocosità dell’intenzione, come in un trenino di capodanno. Doppi sensi come la “banana italiana” (E comunque si bacia / l’italiana banana), che può riferirsi all’acconciatura del ciuffo tipica del rock and roll, ma anche essere un neanche tanto velato e subliminale amarcord del motivo di punta del film Polvere di stelle di Alberto Sordi (Ma ?ndo vai, se la banana non ce l’hai… banana italiana!) e quindi indicare il sesso maschile; non a caso nei versi seguenti abbiamo anche culi, sigari e Avana… E il tema del doppio torna nelle doppie facce come le nostre, fra quella vera e quella social (E si tagga la faccia, che è riaperta la caccia), in tre minuti tutti da ballare.
Il balletto annesso al brano – vedi videoclip – è di “occidentaliskarmiana” memoria e ispirazione, e sdoppia non solo il senso delle frasi del testo, ma anche il protagonista, trasformandolo un po’ in Clark Kent e un po’ in un Super(normal)man Gabbani. Un Gabbani che canta la goia e la speranza di un tornare ad appiccicarci abbracciandoci: anche sudati per la calura estiva non importerà, dopo tanto tempo di forzata lontananza fisica.
Perché verranno momenti migliori, come lascia presagire l’incipit della canzone, che richiama nella modalità il celebre “Caro amico ti scrivo…” di Lucio Dalla. Una canzone bella per l’estate che verrà.