Ogni mese, ogni settimana, ogni giorno escono nuove canzoni. Ma quante di queste sono realmente belle? Riusciremo a trovarne almeno una a settimana degna di potersi fregiare.
Questa settimana ci sembra il minimo parlare di Io sì (Seen), una canzone che ha raggiunto (quasi) il massimo – o uno dei massimi – risultato ottenibile nel mondo, l’Oscar come migliore canzone originale. Infatti, Laura Pausini ha sfiorato il prestigioso premio per un poco, ma per una canzone in italiano è già tanto, è già sintomo di una qualità riconosciuta e riconoscibile (a parte il lavoro di marketing che sicuramente ha la sua importanza in una operazione che punta così in alto). Ha comunque vinto il premio come miglior canzone ai Golden Globes.
Il brano, colonna sonora del film Netflix “La vita davanti a sé” con Sophia Loren, originariamente scritto da Diane Warren, songwriter di grande successo negli Stati Uniti, è stato adattato nel testo da Niccolò Agliardi (spesso poco citato e quasi dimenticato, ingiustamente) e dalla stessa Laura. Questa “semplice” ed onesta canzone è la prova di come anche una classica ballad, quando comunica emozioni intense, sia melodiche che testuali, può raggiungere una bellezza non più comune e scontata nel mercato discografico di oggi, troppo spesso appiattito su mode e generi di facile consumo. Io sì esprime la promessa alla persona amata (che non è detto sia necessariamente un partner ma può essere anche un amico, o un figlio, o un genitore) di esserci sempre, specialmente nei momenti difficili (Quando tu non sai più dove andare… scappi via o alzi le barriere… Quando essere invisibile è peggio che non vivere), quelli in cui si ha bisogno di un piccolo aiuto (se vuoi, se mi vuoi, sono qui).
Una ballata delicata e dedicata a tutti coloro che amiamo, per i quali ci faremmo in quattro se solo facessero un cenno di bisogno, o anche solo se ne intuiamo la presenza. Adattissima a un momento storico come questo, dove ci è stata imposta una solitudine forzata che ci fa almeno a volte desiderare un qualcuno che ci dica o a cui dire “sono qui per te”. E Laura Pausini, da grande interprete quale è, sa porre con garbo e credibilità ormai consolidate e riconoscibili una canzone filgia di una collaborazione internazionale, e sa fare una carezza con la forma di una canzone.
Rime semplici ma perfette (parole/sole) e gestioni dei suoni verbali tali da reggere anche nella metrica stretta di una canzone di matrice anglosassone (dalla ripetizione di “sto qui” alla traduzione fonetica quasi identica dell’originale you’re seen in io sì). Forse non da Oscar (si fa per dire), ma sicuramente una bella canzone.
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