Ogni mese, ogni settimana, ogni giorno escono nuove canzoni. Ma quante di queste sono realmente belle? Riusciremo a trovarne almeno una a settimana degna di potersi fregiare.
Avremmo potuto e magari dovuto parlare di Zitti e buoni dei Maneskin, visto il recente bis della vittoria all’Eurovision (dopo Sanremo), ma ne hanno parlato in mille. Quindi, preferiamo fare il bis con Mille, e parlare del suo nuovo singolo, La radio, con cui è in finale a Musicultura. Speriamo queste nostre parole e soprattutto questa sua nuova bella canzone possano portarla allo Sferisterio di Macerata, e perché no (?), vincere.
Perché La radio è un brano vincente, cantato da un’artista vincente. Un brano che conferma il talento di Mille e la compattezza del progetto artistico e produttivo, che sta sfornando un bel brano dopo l’altro. La radio è l’ennesima sua canzone che propone con stile chiaro ed efficace un discorso in ottimo equilibrio fra cantautorato e pop, fra voglia e capacità di fare un discorso personale e proporre una poetica dalla riconoscibile identità e cultura musicale italiana vintage (in questo brano si sente una voglia del meglio della musicalità italiana fra ’60 e ’80, da Patty Pravo a Gianni Togni, da Nada a Battiato, e a tutti quegli artisti che all’estero sono considerai se non osannati e da noi quasi sempre quasi derisi o non considerati – Orietta Berti a Sanremo è sembrato un miracolo!).
Mille mostra varie capacità vocali ed espressive nelle diverse parti della canzone, per arrivare a colpire l’ascoltatore con padronanza musicale e verbale in un ritornello che potrebbe diventare molto ascoltato in radio quest’estate. I versi al suo interno parlano del tema più caro a Mille, l’amore e il suo cuore ferito, ma hanno un messaggio in più, che dichiara l’amore e il bisogno di buona musica italiana, quasi a ricongiungersi idealmente con la fortunata Musica leggerissima di Colapesce e Di Martino. Ricordiamoli: La radio un po’ parla di noi, meglio di me che non so più chi sei, mi servirà una musica italiana e niente più. Sempre nel ritornello arriva fino a dire che la musica italiana può salvarla, a sottolineare il potere consolatorio della nostra musica, mica poco (mi salverà una musica italiana).
Magari artisti come Mille e belle canzoni come La radio riusciranno a salvare il pop italiano, ormai spesso accartocciato su sé stesso, drogato di business e autotune, in cerca di streaming più che di emozioni da condividere. Quello di Mille non è il pop orfano volontario di una tradizione ricca come quella italiana, ma quello figlio del meglio che la nostra canzone ha dato alle nostre anime in decenni di storia, che prese il volo dalle braccia aperte di Modugno che intonò Volare dal palco di Sanremo nel 1958.