Ogni mese, ogni settimana, ogni giorno escono nuove canzoni. Ma quante di queste sono realmente belle? Riusciremo a trovarne almeno una a settimana degna di potersi fregiare.
Questa settimana ci preme tornare a Sanremo, per dar il giusto merito a una canzone e anche a un’artista che sta finalmente prendendo spazio sul palcoscenico mediatico televisivo e radiofonico, a nostro modesto avviso meritatamente. Parliamo di Willie Peyote e della sua Mai dire mai (La locura) con cui dal palco dell’Ariston, proprio dal tempio della musica italiana pop, ha sferrato un colpo invettivo verso la musica attuale decisamente notevole e pungente, con una penna tagliente come quelle del velenoso di verità Caparezza, che sta tornando, fra l’altro (probabilmente anche in questa rubrica).
Mai dire mai è una canzone dalla struttura ibrida comune nel rap pop italiano, con strofe più costruite musicalmente sul flow e ritornelli cantati con melodie accattivanti. Ma in questo caso il ritornello non è affidato alla “ragazza cantante” di turno (da Francesca Michielin a Federica Carta), bensì appannaggio dello stesso Peyote, che ben si destreggia in modo credibile nei due differenti registri di comunicazione canora.
La canzone attacca con una citazione dalla serie televisiva cult Boris e attacca pesantemente politica e cultura, definendo l’Italia nella situazione attuale e futura come Un paese di musichette mentre fuori c’è la morte. Poi, come nella migliore tradizione rap, i bersagli diventano rapper e trapper e la loro fuffa visuale e vocale (Ora che sanno che questo è il trend, tutti ‘sti rapper c’hanno la band. Anche quando parlano, l’autotune, tutti in costume come gli X-Men). E tutto ciò che appare trasgressivo è già vecchio come Maryilin Manson (anche Achille Lauro?).
Dito puntato anche su tempo e mode che passano alla velocità della luce di uno smartphone in versi come: ?Sta roba che cinque anni fa era già vecchia Ora sembra avanguardia e la chiamano itpop. Le major ti fanno un contratto. Se azzecchi il balletto e fai boom su TikTok. Tutto è frivolo e superficiale, ma forse può cambiare, mai dire mai, magari facendo una pazzia (la locura significa questo) o qualcosa che alla massa può sembrare tale, chissà? Questo e altri schiaffi alla realtà in un ritornello musicalmente quadrato e ficcante, che fa di questa canzone un bella canzone, anche se legata a un genere che molto spesso non è neanche giusto definire come tale.
E nel ritornello di Mai dire mai troviamo una musicalità interessante anche nella sequenza di suono (con rima AAAA nei quattro versi) ottenuta anche grazie al sapiente utilizzo di parole straniere ormai entrate nell’uso quotidiano (Siamo giovani affamati, siamo schiavi dell’hype / Non si vendono più i dischi, tanto c’è Spotify / Riapriamo gli stadi, ma non teatri né live / magari faccio due palleggi, mai dire mai). Evidente anche la critica a scelte medico-politiche opinabili che penalizzano il mondo dello spettacolo in questo periodo di Covid. Insomma ce n’è per tutti in questa canzone, e se non ti sei sentito tirato in causa… mai dire mai!