Ogni mese, ogni settimana, ogni giorno escono nuove canzoni. Ma quante di queste sono realmente belle? Riusciremo a trovarne almeno una a settimana degna di potersi fregiare.
Dopo Samuele Bersani, per accendere un riflettore su un altro episodio discografico che fa ben sperare in un vivo cantautorato italiano, questa settimana parliamo del singolo “Certi Uomini” di Francesco Bianconi, leader dei Baustelle. Si tratta del terzo estratto dal suo primo progetto solista, l’album “Forever”, un disco dagli arrangiamenti scarni, come i testi, che seppur pregni di senso, cercano di andare all’essenza delle cose e delle emozioni, in un modo che attualizza un linguaggio che riporta a certi cantautori delle origini, come Luigi Tenco, Piero Ciampi e De André, legati da un filo di qualità espressiva e “sincerità alcolica”. Troviamo anche sentori di Gaber e Battiato, a testimonianza di certe radici culturali che sicuramente appartengono a Bianconi.
Come spiegato dall’autore stesso “È una canzone scritta di getto, dopo una cena in cui qualcuno dei partecipanti si chiedeva quale fosse il motore del mondo e che cosa spingesse gli esseri umani a compiere determinate azioni”. La risposta di Bianconi è, in estrema semplificazione, come vedremo da alcuni versi, “la fica”. Niente male, visto le tante canzoni del cazzo che escono abitualmente. Battute a parte, si tratta di un’affermazione decisamente cruda, sincera e filosofica, quella dell’efficace testo del ritornello, che parte e finisce – da notare, anche nella costruzione – dal su citato organo: Io so che son venuto dalla fica e so che lì voglio tornare, per avere l’illusione e l’impressione di inventare un tempo buono, un fiore rosso, una preghiera contro il male, per dimenticare ogni mio giorno ed ogni notte della storia ed il dolore di arrivare alla tua fica.
“Certi Uomini” è un brano musicalmente semplice e raffinato al tempo stesso, dove affermazioni dirette come quelle del ritornello si alternano a frasi più nobili come C’è una pulsione, un atomo opaco che muove il cosmo, e non è detto che sia morale, che ruotano comunque intorno al concetto fondamentale, quella “lei genitale” che ritorna in tanti versi come la soluzione a tutto, il motore di tutto, lo scopo di tutto: Per scordare i tuoi problemi, i tuoi vestiti, le tue borse e il mio tremare (…) Per dimenticare tutto ciò che alla tua fica fa contorno, i tuoi stivali, il tuo ragazzo, il tuo mascara, le parole (…) Per avere l’illusione e l’impressione di inventare un tempo buono, un altro figlio, una preghiera contro il male.
La canzone elenca in modo critico tutta una serie di tipologie umane (i certi uomini del titolo, appunto), dai drogati agli idealisti, dai bastardi alle anime sante, dai naviganti agli amici, fino ai discografici: non passano inosservati alcuni versi aspramente dedicati al mondo discografico e ai suoi addetti ai lavori (che si sono pubblicamente risentiti): I cantanti ucciderebbero per apparire in un programma in televisione dove i discografici morti della Warner, della Universal e della Sony, poi gli pubblicano la canzone. La verità, certe verità, come certi uomini, spesso danno fastidio. Ma fastidio non dà questa bella canzone, che appartiene a quelle che contengono la bellezza di riflettere e farci riflettere sulle cose della vita.